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Dare il giusto valore al proprio lavoro: guida pratica per liberi professionisti

Dare il giusto valore al proprio lavoro: guida pratica per liberi professionisti

Dare il giusto valore al proprio lavoro è importante, ma non sempre è cosi facile. In questa guida scritta da Rame troverai alcuni consigli.

Come dare il giusto valore al proprio lavoro

Sei una grafica freelance, una consulente di marketing o una formatrice, lavori duro, ti impegni al massimo, e sai che quel progetto ti costerà notti insonni, ma quando arriva il momento di stabilire un prezzo scattano quei meccanismi psicologici che ti portano a chiedere meno di quanto vorresti, o a chiederti se non è troppo. E invece di riflettere sulle ragioni che giustificherebbero una determinata tariffa ti logori in una serie infinita di domande.

Certo, dare un prezzo al proprio lavoro non è mai semplice, e a maggior ragione non lo è per le donne, cresciute a pane e tabù, educate a non parlare di soldi, e soprattutto a non chiederne, perché non sta bene. Dare il giusto valore a ciò che si fa, invece, è importante per sé e per il proprio valore. Ecco allora una guida per capire come fare.

Guardati dentro: che valore ti dai?

Cominciamo con una verità scomoda: il prezzo che assegni ai tuoi servizi è strettamente legato al valore che dai a te stessa. Se tu per prima non credi davvero di valere quella cifra, non sarà semplice far passare questo messaggio al tuo committente. Al contrario, se sei convinta di saper fare bene il tuo lavoro, non solo lavorerai meglio, ma sarai anche più sicura al momento di pattuire il prezzo.

Tutto parte da due concetti fondamentali: autostima e autoefficacia.

  • Autostima: è il valore che attribuiamo a noi stessi come persone.
  • Autoefficacia: ha a che fare con la fiducia che riponiamo nelle nostre capacità professionali, quanto cioè ci sentiamo in grado di svolgere quel compito o quella mansione.

Poniamo un esempio. Se di professione sei una copywriter, ma se nel tuo intimo sei convinta che quello che fai non abbia nulla di eccezionale, e in fondo è un lavoro “semplice” che altri potrebbero fare, ti verrà molto difficile chiedere un compenso adeguato al reale valore di ciò che produci. Se, al contrario, ritieni che le tue produzioni si distinguano da quelle dei competitor per stile, completezza e chiarezza, questo potrebbe aiutarti a puntare più in alto. Il primo passo è fare quindi chiarezza dentro di sé, consapevoli che chi è dall’altra parte avrà l’esatta percezione di quanto crediamo in noi. 

Rafforza l’autostima e l’autoefficacia

Dopo esserti guardata dentro, prova a rafforzare autostima e autoefficacia, entrambe possono essere allenate.

Come? Partendo con un esercizio pratico. Prendi carta e penna e scrivi:

  1. I tuoi successi. Per successi si intendono i progetti andati bene, i plausi dei clienti e dei colleghi, ma anche tutte le situazioni lavorative in cui ce l’hai fatta, sei uscita da situazioni scomode o hai raggiunto piccole vittorie. L’atto di scrivere e di elencare ciò che hai realizzato ti metterà di fronte a fatti, ricordandoti quello che sei in grado di fare. 
  2. Un esempio positivo. Non serve a fare paragoni che ti mettano in difficoltà, ma a trovare ispirazione e darti coraggio, alimentare il pensiero che puoi farcela. Pensa a una persona vicina a te, che stimi e che ha fatto un percorso simile al tuo ottenendo buoni risultati, o riuscendo a farsi pagare bene. Prendila come modello, osserva il suo modo di agire e chiedi anche consigli. L’obiettivo non è prendere come riferimento modelli irraggiungibili, ma prendere il meglio da chi è vicino a noi e parte da condizioni simili

Il prezzo che assegni ai tuoi lavori è strettamente legato al valore che dai a te stessa.

Cambia punto di vista

Per darti un prezzo equo è essenziale anche scardinare certi luoghi comuni o impostazioni mentali, detto in altre parole, cambiare mindset. Spesso continuiamo a ragionare come dipendenti anche se siamo passati all’attività autonoma, o persino se dipendenti non lo siamo mai stati, e questa mentalità ci condiziona anche quando lavoriamo a un preventivo.

Può essere pratico o utile fissare una tariffa o un prezzo sulla base di ore lavorate, ma se ci si regola solo su quello, si rischia di cadere in una trappola che danneggia non solo le nostre finanze, ma anche l'immagine che diamo al cliente.

La differenza tra impiegati e liberi professionisti è netta e va tenuta bene a mente: i primi ottengono uno stipendio legato alle ore lavorate, i secondi ricevono denaro sulla base del valore che producono. Non importa quanto tempo impieghi per preparare un workshop, elaborare contenuti o scattare belle foto, se quel prodotto ha un valore per il cliente, è su quello che dovrai calcolare la tua tariffa. Quello che vendi è l’insieme di competenze, esperienze e risultati accumulati nel tempo. Averlo ben presente ti aiuterà a fare lo scatto mentale necessario per osare di più.

Studia la piazza, l’importanza del contesto

Conoscere il mercato in cui ci muove è altrettanto importante. Dopo essersi guardate dentro, è dunque opportuno guardarsi intorno. La città in cui si vive, il tipo di servizio offerto, le tariffe dei competitor, che siano piccoli oppure grandi e strutturati, condizionano inevitabilmente le nostre. 

  • La prima ricerca va quindi fatta sul campo, banalmente per sapere mediamente quanto chiedono gli altri professionisti del settore e quali servizi offrono, se sono paragonabili al tuo, o se tu sei in grado di dare qualcosa in più, quantitativamente e qualitativamente. 
  • La seconda analisi va rivolta ai soggetti a cui intendi offrire le tue prestazioni. Una cosa è dare consulenza strategica o corsi di formazione a una piccola o media impresa, altro è rivolgersi a grandi multinazionali. Il potere di spesa di chi hai di fronte è importante per capire anche che tipologia di servizi offrire, che andrebbero comunque modulati in base al prezzo.  Da non sottovalutare, poi, l'importanza strategica che il tuo cliente attribuisce al servizio o prodotto che tu proponi, e che dipende dalla tipologia di impresa e dalla sua attività. La startup che ha bisogno di farsi conoscere sui social ha sicuramente priorità diverse dall’attività avviata che necessita di una vetrina per consolidarsi o solo per “esserci”. 

Ragiona sul lordo

La quantificazione di un compenso parte da queste basi, ma non può prescindere da un vero e proprio calcolo matematico che deve tenere conto degli oneri e delle spese del freelance.

Se un dipendente riceve a fine mese solo il netto della sua retribuzione, il lavoratore autonomo deve fare l’inverso, fatturare il lordo e da qui ricavare il netto, sottraendo nella sostanza le voci che troviamo nella busta paga: l’IVA e l’IRPEF, i contributi, le ferie, il TFR e un extra per una polizza malattia.

Fare un cambio di mentalità significa anche realizzare da subito che di quello che un professionista fattura, più della metà finisce in queste voci. Per esempio, un lavoro da 200 euro che porta via due giornate di tempo consentirà di ottenere un netto di circa 50 euro al giorno.  Inoltre, chi lavora in proprio deve dedicare tempo ad attività che non sono profittevoli, o almeno non lo sono nell’immediato, dal networking all’amministrazione, dalla formazione al marketing.

L’ideale, per non trovarsi spiazzati, è considerare nel preventivo tutte queste voci, con l’aiuto di un pratico file excel (in rete diversi esperti mettono a disposizione dei modelli già impostati). Se poi la propria prestazione è assimilabile a quella di un lavoratore dipendente, e la tipologia di lavoro è continuativa, alcuni sindacati consigliano di fare riferimento alla retribuzione lorda di un dipendente di pari livello, e calcolare una media oraria. 

Le voci base da considerare nel tuo compenso:

  • IRPEF (inserisci la percentuale sulla base del regime di tassazione scelto, se sei nel regime ordinario, fatti consigliare dal tuo commercialista sulla percentuale da inserire, sulla base del tuo fatturato
  • Contributi previdenziali (verifica con la tua cassa previdenziale)
  • TRF (7%)
  • Fondo emergenza/assicurazione malattia (10%)
  • Ferie (7%)

Chi lavora in proprio deve dedicare tempo ad attività che non sono profittevoli nell’immediato, dal networking all’amministrazione, dalla formazione al marketing.

Supera le trappole psicologiche

Il momento del confronto con il cliente è certamente il più delicato per chi deve fissare un compenso. Ma questo succede spesso anche perché siamo portati ad associare il denaro a qualcosa di “materiale”, e di non nobile. A frenarci molte volte è il timore di passare per venali.

Per combattere questo stereotipo, gli esperti consigliano di associare al denaro immagini positive, che conferiscono ai soldi il valore che essi realmente hanno nella vita di tutti noi. Chiediti cosa rappresenta per te e rifletti su quanto di bello riesci a realizzare grazie alle tue risorse. Può essere la vacanza estiva che arriva dopo un anno di lavoro, il mutuo, la babysitter per i figli o l’abbonamento al cinema. È un escamotage che serve a interiorizzare l’idea che il denaro non è fine a sé stesso, ma uno strumento per avere cose utili, necessarie, e belle. E che proprio per questo, non c’è niente di cui vergognarsi a chiedere denaro in cambio di un prodotto o di un servizio.

Stabilisci una strategia per le richieste di sconto

Può succedere, nel corso di un incontro o quando si propone un compenso, che il cliente chieda uno sconto o una riduzione. È un momento molto delicato, che può provocare passi falsi, per questo è preferibile arrivare preparati all’appuntamento, con una risposta o una serie di opzioni in tasca.

Pensaci prima, e valuta se è il caso di avviare una trattativa, e fin dove arrivare, cercando di capire se abbassare il prezzo in quell’occasione può darti vantaggi in futuro: il cliente è nuovo, è in crescita, il trattamento di favore può aprire la strada ad altre commesse? Oppure in questa fase professionale è essenziale per te tenere buoni rapporti, perché questa relazione ti inserisce in un network importante o ti dà visibilità? O ancora, è un’azienda seria e paga puntualmente?

L’importante è che lo sconto non sia una scelta dettata dall'impulso o dall’emozione, non diventi uno svendersi perché in quel momento non sapevi come agire, o hai avuto paura di trattare. 
 

Affronta con disinvoltura la trattativa

E se c’è da avviare una trattativa, come ci si comporta? Spesso ci facciamo influenzare dall’idea, anche solo a livello inconscio, che fare una richiesta personale o trattare sul compenso possa danneggiare il rapporto con l’altra persona. In realtà dovremmo interpretarla come una semplice conversazione, in cui stiamo esponendo le nostre esigenze senza mettere necessariamente a rischio la relazione con l’interlocutore.

Non è detto che chiedere di più di quanto si aspetti, o aumentare le tariffe rovini il rapporto con il cliente, né che questo rifiuterà automaticamente. Sicuramente è utile motivarla ed essere pronti a spiegare perché quel costo riflette il valore del servizio o del prodotto.

Prova a partire dall’idea che quando discuti di compensi stai semplicemente parlando delle tue competenze e del tuo lavoro, il segreto è avere la capacità di esprimere queste convinzioni senza timore. Per farlo serve certamente una buona dose di “assertività”, saper dire “no” con fermezza ma senza aggressività, difendere le proprie idee con rispetto e, allo stesso tempo, essere aperta a dire “sì” quando l’offerta rispecchia i tuoi bisogni.

Non è detto che chiedere di più di quanto si aspetti, o aumentare le tariffe rovini il rapporto con il cliente, né che questo rifiuterà automaticamente.

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