Una novità che cambia la prospettiva: cosa significa per chi investe
Prevista per la prima volta nel 2001, la facoltà di procedere alla rivalutazione delle partecipazioni societarie consente ai detentori di quote societarie o partecipazioni azionarie, previo pagamento di una imposta sostitutiva, di aggiornare il valore fiscale di carico delle proprie partecipazioni, avvicinandolo a quello effettivo di mercato e riducendo così l’impatto fiscale generato dalla successiva cessione.
Si trattava però di una misura temporanea, anche se più volte rinnovata nel corso degli anni. Con la Legge di Bilancio 2025, invece, la facoltà di rivalutare le partecipazioni è stata stabilizzata e, quindi, è diventato un istituto permanente: questa novità consente a imprenditori, investitori e famiglie di integrare questo strumento all’interno di una strategia patrimoniale e fiscale di lungo periodo, senza dipendere più da proroghe legislative.
Perché rivalutare oggi le partecipazioni societarie e chi può farlo
Rivalutare significa allineare il valore fiscale della partecipazione a quello reale di mercato. Questo consente, al momento della vendita, di calcolare la plusvalenza imponibile come differenza tra il prezzo di cessione e il nuovo valore rivalutato, anziché il costo storico originario, spesso molto più basso. In pratica, si anticipa una parte della tassazione – tramite un’imposta sostitutiva – ma con un’aliquota agevolata. Per valutarne la convenienza, è fondamentale confrontare l’imposta sostitutiva dovuta oggi con quella che si pagherebbe, in futuro, secondo il regime ordinario. Ma chi può rivalutare e su quali partecipazioni?
La normativa riguarda:
- persone fisiche
- enti non commerciali
- società semplici
Possono essere rivalutate le partecipazioni in società non quotate e le partecipazioni in società quotate, possedute al 1° gennaio dell’anno di riferimento, indipendentemente dalla percentuale di partecipazione (anche in usufrutto o nuda proprietà); non è necessario rivalutare l’intera partecipazione detenuta, è infatti ammessa una rivalutazione parziale.
Come funziona, in pratica
Il processo di rivalutazione cambia a seconda del tipo di partecipazione.
- Partecipazioni non quotate: per l'individuazione del valore della partecipazione è necessaria una perizia giurata di stima, che deve essere redatta da un professionista abilitato (commercialista, revisore, ecc.) entro il 30 novembre dell’anno di riferimento. La norma lascia libertà di metodo al perito, purché la valutazione sia coerente con la realtà aziendale e supportata da documentazione adeguata.
- Partecipazioni quotate: per la determinazione del valore delle azioni quotate si assume la media aritmetica delle quotazioni del mese di dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento (c.d. “valore normale”).
Quanto costa rivalutare
La rivalutazione si perfeziona mediante il versamento, entro il 30 novembre dell’anno di riferimento, di un’imposta sostitutiva pari al 18%, del valore della partecipazione (come sopra determinato). È possibile effettuare il versamento dell’imposta in un’unica soluzione, oppure in 3 rate annuali di pari importo: la prima entro il 30 novembre dell’anno, le altre due (con maggiorazione del 3% per interessi) entro il 30 novembre degli anni successivi.
Quando la rivalutazione si considera perfezionata
Due condizioni devono essere entrambe soddisfatte:
- il giuramento della perizia entro il 30 novembre;
- il versamento dell’imposta (intero o prima rata) entro la stessa data.
Ma facciamo un esempio pratico: immaginiamo che Mario Rossi possieda una quota del 40% in una società di famiglia fondata negli anni ’90, il cui valore fiscale è oggi simbolico. Una perizia giurata ne determina un valore di 400.000 euro. Rivalutando, Mario versa un’imposta sostitutiva di 72.000 euro (18%).
In caso di cessione futura, la tassazione del 26% si applicherà sull’eventuale plusvalenza corrispondente alla differenza tra prezzo di vendita e il nuovo valore fiscale determinato con la rivalutazione (400.000 euro). Se il prezzo di cessione sarà pari al valore rivalutato, non emergerà alcuna plusvalenza imponibile. Al contrario, senza rivalutazione, la plusvalenza verrebbe calcolata rispetto al valore fiscale originario (spesso molto basso), con un impatto fiscale ben più elevato.
Quando conviene rivalutare?
La convenienza cresce quanto più basso è il costo originario della partecipazione rispetto al suo valore attuale. È quindi uno strumento particolarmente interessante per:
- chi detiene partecipazioni storiche;
- aziende familiari costituite da tempo;
- chi sta valutando un’operazione straordinaria (riassetto, vendita);
- famiglie che pianificano un passaggio generazionale.
Una leva fiscale da integrare nella pianificazione
Con l’entrata in vigore a regime della normativa, la rivalutazione delle partecipazioni si afferma come un elemento strutturale nella gestione patrimoniale. Non più una misura da cogliere “al volo”, ma una leva da inserire con metodo e strategia nella pianificazione fiscale.
Valuta con il tuo consulente patrimoniale se può essere utile per la tua situazione